Tra gli anni ’50 e gli anni ’80, la Necchi di Pavia dava lavoro a più di 5000 dipendenti, molti dei quali pavesi: “Necchi era il lavoro sicuro, il privilegio di una casa, di una sicurezza.“
La sede storica si trovava in Corso Cairoli, quello che oggi è il retro del Collegio Santa Caterina, ed era costituita da un primo nucleo di fonderie, gestite da Ambrogio Necchi. Successivamente rilevò le Fonderie Torti e trasferì tutta l’attività presso l’ex piazza d’armi, in Viale Repubblica (di fronte allo stadio).
Qui, Vittorio, figlio di Ambrogio, costruì la sede di una delle maggiori realtà industriali pavesi: la Necchi.
Attualmente una parte dei capannoni è diventata la questura, un’altra una logistica, rimane una parte finale ancora dello storico stabilimento Necchi, ormai in disuso da anni. L’ex area Necchi è stata tra l’altro rilevata all’asta nel giugno 2019 per 4,8 milioni di euro e si sta lavorando ad un progetto di rigenerazione urbana di questa area dismessa.
Vittorio Necchi è ricordato per essere stato un industriale illuminato: amava i suoi dipendenti e aveva ben chiaro in testa l’importanza della gratificazione dei suoi dipendenti. Questa era la chiave del suo successo.
Com’era lavorare alla Necchi in quegli anni? Ci siamo fatti raccontare aneddoti da chi faceva parte di quella grande famiglia.
Anna dice: “Io ho ancora la copertina che il Sig. Necchi regalò al mio papà in occasione della mia nascita e mia sorella ha un coniglietto che era compreso nel suo pacco nascita.”
Essere un dipendente Necchi voleva dire avere a disposizione una casa nel Villaggio Necchi, vicino a via Olevano a Pavia. Il villaggio comprendeva un’ottantina di villette tutte uguali, distribuite fra Via Michis, Via Suardi, Via Acerbi, il cosiddetto quartiere “Curdàm”, che prese il nome da una piccola ditta artigianale che faceva corde.
La Necchi era una città con i sui riti, le sue regole, i suoi anedotti, i suoi personaggi, le macchiette, il fiume umano che entrava ed usciva. “La sirena della Necchi suonava alle 8, 12, 14 e 17 e via Olevano si riempiva di operai e operaie in tuta blu (gli uomini) e in vestaglia blu (le donne)” racconta Maria Cristina.
Vittorio Necchi si preoccupava anche della salute dei propri dipendenti. Nel cortile dell’azienda era presente un campo sportivo dove i dipendenti potevano tenersi in forma. Per molti di loro erano previste visite specialistiche nell’infermeria interna all’Azienda con i primari degli ospedali pavesi, un soggiorno gratuito in un albergo di Ospedaletti dopo un intervento chirurgico o una lunga malattia, cure termali gratuite a Salsomaggiore.
Quasi tutta Pavia ha trascorso almeno un’estate a Lanzo d’Intelvi, presso la storica casa vacanze dei dipendenti della Necchi. Tanti i ricordano ancora quelle belle vacanze spensierate. Elena “andava a cercare le palline da golf e attraversava il valico a piedi per andare in Svizzera a comprare le caramelle Juzz”. Maurizio ci parla dei “cestini fatti a mano dagli ospiti della villa per i ciclamini raccolti nel bosco”.
Ma non è tutto. Vittorio Necchi, per sopperire al problema delle pensioni troppo basse, ogni mese, versava di tasca sua dei soldi ai suoi ex dipendenti per vivere serenamente. A Natale c’era un regalo per tutti i dipendenti, solitamente si trattava di un Panettone e di una bottiglia di Sangue di Giuda
Con la sua morte, nel 1975, finisce un’era indimenticabile per molti, che abbiamo provato a ricostruire, grazie ai racconti di chi ha vissuti l’esperienza di lavorare alla Necchi di Pavia.
(Fonte Foto Archivio Chiolini)
Iniziati i lavori di demolizione della Necchi, storica fabbrica di Pavia
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