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Un tesoro sommerso, alla scoperta dell’Acquario dimenticato di Pavia

Nascosto nel cuore della città, come un segreto custodito dal tempo, giace dimenticato un gioiello architettonico: l’Acquario di Pavia.

Nel 1913, su iniziativa del celebre scienziato Camillo Golgi, vide la luce questa struttura destinata a ricerche pionieristiche sul ripopolamento ittico e sulla lotta alla malaria. Ancora oggi, tra i giardini di Palazzo Botta ne ammiriamo la costruzione, testimone di un passato ricco di innovazione scientifica.

Sebastiano Giuseppe Locati, noto architetto e docente pavese, ideò questo gioiello in stile Liberty, ispirandosi all’Acquario di Milano da lui precedentemente progettato. Fu, tuttavia, il suo abile assistente Giuseppe Bergomi a portare a termine l’opera in tempi record, appena 50 giorni.

Di dimensioni contenute, l’edificio presenta una pianta rettangolare coperta da un caratteristico tetto a pagoda.

La facciata, impreziosita da due slanciati pilastri e da portici laterali, recava in alto la scritta “ACQUARIO” e di fronte è situata una fontana da cui zampillava l’acqua in una vasca di pietra lavorata.

Al suo interno, si trovavano una quindicina di acquari di vetro, diverse per forme e dimensioni, che ospitavano una ricca varietà di creature acquatiche. Un complesso sistema di tubature e filtri assicurava il costante ricambio dell’acqua e l’ossigenazione degli ambienti.

All’esterno, una serie di vasche, stagni e canali di dimensioni differenti creavano un ambiente acquatico variegato e affascinante.

L’acqua per rifornire le vasche proveniva da una roggia sotterranea, la Carona Occidentale, un antico canale che alimentava anche numerose ruote idrauliche in città. Quando l’acqua perdeva la sua limpidezza, un ingegnoso sistema di filtraggio la depurava.

I gelsi, piantati a suo tempo per creare un’oasi di verde, continuano a fruttificare, offrendo ancora oggi le loro dolci more.