Arriverà in Collegio Borromeo lunedì 24 febbraio (incontro pubblico alle ore 18, ingresso libero), per un confronto pubblico Monsignor Paolo Bizzeti, gesuita e biblista, che nel 2015 è stato scelto da Papa Francesco come vicario d’Anatolia, a occupare quel posto che cinque anni prima era stato lasciato tragicamente vuoto da monsignor Luigi Padovese, assassinato dal suo autista.
A capo quindi, in Turchia, di una diocesi vastissima che va dal Mar Nero al Mediterraneo ai confini con la Siria, l’Iraq e l’Iran, mons. Bizzeti ha caratterizzato il suo magistero non solo con azioni missionarie ma anche con iniziative di carattere umanitario.
”La Turchia è un Paese che dovrebbe essere in cima alle nostre preoccupazioni sia perché è la Terra Santa della Chiesa cristiana, che è nata ad Antiochia, ma anche perché proprio qui, oggi, si incrociano tutte le questioni mondiali più calde, dalle migrazioni ai rapporti tra le fedi fino agli effetti dello sviluppo neoliberista esasperato“, spiega Monsignor Paolo Bizzeti.
”Nella mia diocesi in Anatolia ci siamo trovati di fronte all’emergenza di masse di rifugiati in fuga dalla Siria e dall’Iraq, adulti e bambini in condizioni tragiche. In particolare credo che la situazione dei rifugiati siriani sia uno dei peggiori disastri umanitari dalla Seconda guerra mondiale in poi. Perciò abbiamo riaperto la Caritas, organizziamo pacchi alimentari, buoni spesa, forme di microcredito, borse di studio. Ma non basta. Questa vasta tragedia umana senza precedenti merita uno sforzo collettivo ben coordinato, una strategia chiara, una forte volontà nazionale e internazionale, unitamente a risorse, mezzi e finanziamenti adeguati”.
Protagonista di un’iniziativa organizzata nell’ambito del Master “Cooperation and Development”, Mons. Bizzeti illustrerà la missione della Chiesa nel Paese della Mezzaluna a partire dalla necessità di porre fine, o almeno mitigare, le sofferenze di milioni di rifugiati, ostaggio non solo della penuria di risorse.
La Turchia, secondo Mons, Bizzeti, è “una terra piena di opportunità per una Chiesa che voglia tornare ad essere missionaria”.
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