Mia nonna mi raccontava tante storie, ma uno dei momenti preferiti è quando mi parlava del ‘Giasè’, l’uomo che vendeva il ghiaccio.
Erano gli anni ’50-’60, quando ancora non tutti avevano il frigorifero e per conservare i cibi si utilizzava la ghiaccia di legno (giasirò in dialetto). Per farla funzionare tutti i giorni bisognava riempirla con il ghiaccio del ‘giasè’.
L'”uomo del ghiaccio” arrivava la mattina e il suo grido riempiva tutta la strada: ‘Giasèee’ o ‘ghiaccioo’. Aveva un motocarro, o un carretto tirato a mano, pieno di blocchi di ghiaccio ricoperti con un telo di juta perché non si sgelassero. Per agganciare i pezzi di ghiaccio utilizzava una specie di rampone.
I blocchi pesavano circa 25 kg. Il giase li spaccava con l’aiuto di un punteruolo, e li vendeva ad un prezzo che andava dai 30 centesimi fino ai 50. Mi raccontava mia nonna, che il sabato si doveva comprare il blocco più grosso perché doveva durare anche la domenica e costava di più. Era sempre meglio chiedere i pezzi che stavano sotto perché erano più freddi
Per i ragazzini era sempre una festa perché il Giasè regalava loro le schegge di ghiaccio che saltavano via quando spaccava i blocchi e le succhiavano come ghiaccioli.
A Pavia solitamente i Giasè avevano una latteria e facevano anche il gelato. Una delle tante figure scomparse che è bello ricordare.
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