Un consorzio internazionale di ricercatori al National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), National Institutes of Health (Bethesda, USA), Rockefeller University (New York) e in tre ospedali italiani (Spedali Civili di Brescia, Ospedale San Gerardo di Monza e Policlinico San Matteo di Pavia) ha scoperto perché alcuni soggetti con COVID-19 sviluppano una forma particolarmente grave di malattia. I risultati contribuiscono anche a spiegare perché i soggetti di sesso maschile contraggano forme gravi di malattia più spesso di quelli di sesso femminile.
I risultati dello studio, pubblicati su due lavori apparsi oggi sulla prestigiosa rivista Science, dimostrano che difetti genetici e alterazioni immunologiche che compromettono la produzione di interferoni e la risposta cellulare a queste molecole sono alla base di forme molto gravi di COVID-19.
Più del 10% dei pazienti con forme molto gravi di COVID-19 ha risposte immunitarie anomale, con produzione di anticorpi che neutralizzano gli interferoni di tipo I, bloccandone l’attività anti-virale nei confronti del virus SARS-CoV-2, responsabile della malattia. Un altro 3,5%, o più, dei pazienti ha alterazioni genetiche che impediscono la produzione di interferoni di tipo I o la risposta cellulare a tali molecole. Di conseguenza, in entrambi i casi i pazienti mancano di risposte immunitarie efficaci contro il virus, che sono di norma assicurate dagli interferoni di tipo I, un gruppo di 17 proteine essenziali per proteggere l’organismo dal virus.
I difetti genetici o l’autoimmunità contro gli interferoni contribuiscono, quindi, in modo importante a causare forme gravi, potenzialmente fatali, di COVID-19.
Gli studi sono il risultato di un lavoro collaborativo che ha coinvolto diverse struttura. In particolare, il San Matteo ha partecipato a questo progetto contribuendo alla ricerca in ambito pediatrico, sotto la guida del professor Marseglia, direttore della clinica pediatrica.
I ricercatori hanno studiato migliaia di pazienti con COVID-19 con vari gradi di gravità della malattia.
Gli studi effettuati hanno dimostrato che su circa 660 pazienti con forma molto grave di malattia, un numero rilevante presentava alterazioni a carico di 13 geni già noti per essere essenziali nella risposta al virus influenzale e ad altri virus. Il 3,5% dei pazienti ha presentato difetti importanti nella produzione di interferoni di tipo I o nella risposta cellulare a tali molecole. Inoltre, più del 10% dei pazienti con forma molto grave di COVID-19 aveva autoanticorpi che bloccavano completamente l’attività degli interferoni di tipo I; il 95% di questi pazienti erano di sesso maschile.
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